E cosi
dopo le commedie romantiche dove gli ex compagni di classe si
rincontrano per una rimpatriata, e i maschi e le femmine e poi
viceversa, si ritrovano impegnati nelle varie vicissitudini
sentimentali del caso, Paolo Virzì arriva in nostra salvezza
regalandoci una commedia originale, attuale e piena di significato.
Una
storia semplice: quella di Guido e Antonia, due trentenni
diversissimi tra loro. Lui latinista, colto, dolce e paziente, lei
permalosa, ribelle e simpaticamente sfrenata.
Ciò
che li lega un amore sincero e appassionato. I loro ritmi di vita
sono opposti ma si conciliano perfettamente grazie al coinvolgimento
reciproco.

In
“Tutti i santi giorni”, il regista livornese abbandona il suo
tipico cinismo, concentrandosi sull'amore. Ma attenzione: non
aspettatevi espressioni di sentimentalismi mielosi e stucchevoli.
Quello che racconta Virzì è un amore semplice, quotidiano, nel
quale lo spettatore si identifica perfettamente nelle sue forme e
manifestazioni.
Un
legame che viene messo a dura prova dalla scelta ed ostinazioni dei
due ad avere un figlio che tarda però ad arrivare. Si ricorrerà
cosi alla fecondazione assistita con inevitabili risvolti
tragicomici.
Da
sfondo a questa unione i problemi sociali che gravano su un Italia
spenta ed addormentata. La scelta della convivenza,soluzione
più economica rispetto al matrimonio e la sottovalutazione di
talenti . Guido e Antonia rimangono costretti a svolgere un
lavoro diverso dalle proprie aspirazioni e si rassegnano
all'inevitabile condizione.
Problematiche
che vengono semplicemente accennate poiché principalmente è sul
rapporto dei due protagonisti che si vuol far leva.
Attualissimo
anche il tema della difficoltà al concepimento e il conseguente
ricorso alla fecondazione assistita. Problematica piuttosto diffusa
che l'opinione pubblica e i media trattano poco o superficialmente.
Chi di
noi non conosce una coppia che ne è coinvolto o se nostro malgrado,
non ne siamo noi stessi protagonisti.
Come
in “Tutta la vita davanti” anche stavolta Virzì rimane attento
ai cambiamenti sociali del tempo rappresentandoli con una forte
intensità narrativa
Un film
in ogni caso vero dove la stessa spontaneità e bravura degli attori
rimane spiazzato lo spettatore, quando si apprende che la
protagonista femminile, Thony, cantautrice sicula-polacca, è alla
sua primissima esperienza. Coinvolgente anche l'interpretazione di
Luca Marinelli, già noto al piccolo e grande schermo;non si può non
trovarlo irresistibile, nel suo ruolo da nerd romantico e sfuggente.
Autentici
anche i protagonisti secondari, come i vicini di casa perfetti nel
ruolo da coatti. O come l'ostetrica, Mimma Pirrè che nella vita
svolge realmente la professione, ha fatto nascere tra l'altro lo
stesso figlio del regista.
E
tanta, tanta ironia e comicità, battute a doppio senso mai volgari
ma sempre originali ed intelligenti.
Da
ambientazione alla storia, Roma capitale.
Lontana
dalle rappresentazioni idilliache della Fontana di Trevi, dei
sampietrini e delle luminarie a notte, quella che viene raccontata è
una città moderna, europea, con i suoi ritmi frenetici, con la nuova
stazione della metropolitana Tiburtina. Una Roma con la sua periferia
e con suoi colorati e disperati abitanti.
E poi le
musiche. La colonna sonora è interpretata dalla stessa protagonista
femminile, Thony, validissima anche nel ruolo di cantautrice. Il
brano dei titoli di coda invece è affidato all'amico del regista
Simone Lenzi, autore del libro “La generazione” da cui è tratto
liberamente il film.
Insomma
una produzione corale, oserei dire realizzata tutta “in famiglia”.
Chi non
l'avesse ancore fatto, consiglio di andarlo a vedere.
Il
cinema italiano non è fatto solo di cinepanettoni o di film ripetuti
nelle secondi o terzi seguiti.
Esistono
artisti come Paolo Virzì che continuano a ricorrere a quel filone
che è il realismo tipico del cinema italiano di un tempo.
E questo
ci piace molto.
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